Terza legge della termodinamica
Nel 1905 Nernst fu nominato professore e direttore del Secondo Istituto Chimico dell’Università di Berlino e membro permanente dell’Accademia delle Scienze prussiana. L’anno successivo ha annunciato il suo teorema del calore, o terza legge della termodinamica. In poche parole, la legge postula che l’entropia (energia non disponibile per eseguire il lavoro e una misura del disturbo molecolare) di qualsiasi sistema chiuso tende a zero quando la sua temperatura si avvicina allo zero assoluto (-273.15 ° C, o -459.67 °F). In termini pratici, questo teorema implica l’impossibilità di raggiungere lo zero assoluto, poiché man mano che un sistema si avvicina allo zero assoluto, l’ulteriore estrazione di energia da quel sistema diventa sempre più difficile. La scienza moderna ha raggiunto temperature inferiori a un miliardesimo di grado sopra lo zero assoluto, ma lo zero assoluto stesso non può mai essere raggiunto.
Il calcolo degli equilibri chimici da misurazioni termiche (come i riscaldamenti di reazione, i riscaldamenti specifici e i loro coefficienti termici) era stato un obiettivo sfuggente per molti dei predecessori di Nernst. Si sperava che la direzione di una reazione chimica e le condizioni in cui si raggiunge l’equilibrio potessero essere calcolate solo sulla base delle prime due leggi della termodinamica e delle misurazioni termiche. Questi calcoli erano stati ostacolati, tuttavia, dalla costante di integrazione indeterminata J, ottenuta integrando l’equazione di Gibbs-Helmholtz relativa alla variazione di energia libera ΔF alla variazione del contenuto di calore ΔH e alla variazione di entropia ΔS, ΔF = ΔH − TΔS.
Il grande risultato di Nernst è stato quello di riconoscere il comportamento speciale di ΔF e ΔH come funzioni del cambiamento di temperatura in prossimità dello zero assoluto. Dai dati empirici, Nernst ha ipotizzato che, quando si avvicinano allo zero assoluto, le due curve F e H diventano asintoticamente tangenti l’una all’altra—vale a dire, in prossimità dello zero assoluto, ΔF − ΔH → 0 (la differenza si avvicina allo zero). Da questa forma dell’equazione di Gibbs-Helmholtz, è stato quindi possibile calcolare la costante di integrazione sulla base di misurazioni calorimetriche effettuate in laboratorio.
Originariamente, il teorema del calore di Nernst si applicava rigorosamente solo alle fasi condensate, come i solidi. Tuttavia, Nernst procedette ad estrapolare la validità del suo teorema ai sistemi gassosi. A tale scopo, ha intrapreso una serie di esperimenti difficili e dispendiosi in termini di tempo a basse temperature, in cui le sostanze gassose potrebbero essere considerate in una fase condensata. Tra il 1905 e il 1914, Nernst e i suoi numerosi studenti e collaboratori a Berlino progettarono una serie di strumenti ingegnosi, come un liquefattore a idrogeno, termometri e calorimetri. Questi sono stati utilizzati per la determinazione di calori specifici per una serie di sostanze. In un articolo pubblicato nel 1907, Albert Einstein aveva dimostrato che la nuova teoria della meccanica quantistica, sviluppata inizialmente dal fisico teorico tedesco Max Planck nel 1900, prevede che, in prossimità della temperatura dello zero assoluto, i riscaldamenti specifici di tutti i solidi tendono verso lo zero assoluto. Pertanto, il teorema del calore di Nernst e i suoi risultati empirici rafforzarono la rivoluzionaria teoria quantistica; al contrario, Nernst riteneva che il lavoro di Einstein e Planck confermasse il suo Wärmetheorem e lo stabilisse, in teoria, come una nuova terza legge della termodinamica, nonostante il fatto che non potesse essere dedotta dalle altre due leggi. Di conseguenza, Nernst divenne uno dei primi sostenitori sinceri di Einstein e della meccanica quantistica. In particolare, Nernst fu determinante nell’organizzazione del Primo Congresso Solvay in Fisica, tenutosi a Bruxelles nel novembre 1911, che fu dedicato a una valutazione approfondita della nuova ipotesi quantistica da parte di un gruppo di importanti fisici europei.